FAQ

Che cos'è la logopedia?

La logopedia è una disciplina che mira alla diagnosi e alla cura dei disturbi della comunicazione. Questa frase - me ne rendo conto - abbraccia un campo molto ampio, con una serie di sfaccettature da approfondire. È come se dicessi che un medico si occupa della salute.

La comunicazione è fatta di molti aspetti oltre alle parole come gesti, tempi, intonazione, costruzione della frase e scelta di alcune parole piuttosto che di altre.

Insomma comunicare non è solamente parlare come parlare non significa necessariamente comunicare.

Intraprendere un percorso logopedico vuol dire lavorare fianco a fianco con la logopedista per rendere efficace la propria comunicazione partendo dai propri punti di forza.

Di cosa mi occupo nello specifico?

Nello specifico, mi occupo delle patologie riguardanti il bambino come i disturbi del linguaggio e i disturbi dell’apprendimento dalla valutazione al trattamento.

Dopo un primo colloquio con il genitore, che mi racconta perchè si è rivolto a me, effettuo una serie di test con il bambino per comprendere meglio il quadro, stendere la relazione e condividerla con il genitore.

Qui comincia la vera e propria terapia logopedica che consiste nel lavorare sui punti di debolezza del bambino partendo dai suoi punti di forza.

Quali sono i miei ambiti di intervento?

Mi occupo specialmente di disturbi nel bambio, nello specifico:

  • Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA)

  • Disturbi Specifici di Linguaggio (DSL)

  • Disfonie Infantili

  • Deglutizione atipica

  • Disabilità intellettive

Ma seguo anche l'adulto per quanto riguarda:

  • Disfonie

  • Disartrie

Qual è la mia esperienza?

Sono Esperta in “Tecniche per la rieducazione dei disturbi specifici di apprendimento”, iscritta all'albo professionale TSRM e PSRM n.20.

Dopo la laurea in Logopedia, in aprile 2019, ho conseguito il Master Universitario Interateneo presso l’Universitá di Modena e Reggio avente come direttore scientifico professore Giacomo Stella.

Oltre alla formazione universitaria, ho seguito il percorso per il metodo PROMPT © (Prompt per la Riorganizzazione di Target Fonetici Muscolari Orali). Si tratta di un approccio multidimensionale sviluppato specificatamente per il trattamento cognitivo-comunicativo-linguistico che riconoscono nel deficit del controllo motorio articolatorio una parte importante delle difficoltà sperimentate dal paziente.

Tra i miei ambiti di intervento, applico percorsi individualizzati di tele-riabilitazione per i disturbi specifici dell’apprendimento attraverso specifici software Ridinet.

Da qualche anno a questa parte, sono membro dell’equipe autorizzata dall’ASL della regione Lombardia ad attività e diagnosi e prima certificazione dei disturbi specifici di apprendimento (DSA) delle province di Lecco, Bergamo, Monza e Brianza e Milano.

Ci sono agevolazioni fiscali per l'acquisto di dispositivi per i bambini con DSA?

In molti genitori, dato il periodo, mi stanno chiedendo se ci sono agevolazioni per l'acquisto di un computer o tablet per i loro bambini con Disturbo Specifico di Apprendimento (DSA).

"In casa abbiamo solo due computer ma noi dobbiamo lavorare e entrambi i bambini sono in quarantena, hanno le video-lezioni, non sappiamo come fare!"

Vi riporto alcune informazioni che potrebbero servirvi, provenienti direttamente dal sito dell'Agenzia dell'Entrate:

Rientrano nell’agevolazione gli acquisti di strumenti compensativi e di sussidi tecnici e informatici necessari all’apprendimento, alla comunicazione verbale oppure utili ad assicurare ritmi graduali di acquisizione delle lingue straniere.

Chi sono i beneficiari La detrazione del 19% dall’Irpef spetta ai soggetti, sia minori che maggiorenni, con diagnosi di Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA) per l’acquisto di strumenti compensativi e di sussidi tecnici e informatici fino al completamento della scuola secondaria di secondo grado.

L’agevolazione spetta anche per le spese sostenute per i figli (e in generale i familiari per i quali è riconosciuta una detrazione per carichi di famiglia).

Cosa fare per portare in detrazione le spese Ai fini dell’agevolazione occorre che il beneficiario sia in possesso di un certificato rilasciato dal Servizio sanitario nazionale, da specialisti o strutture accreditate, che attesti per sé, o per il proprio familiare, la diagnosi di DSA.

Le spese, che vanno documentate con fattura o scontrino fiscale “parlante”, sono detraibili a condizione che il collegamento funzionale tra l’acquisto e il tipo di disturbo dell’apprendimento diagnosticato risulti dalla certificazione o dalla prescrizione autorizzativa rilasciata da un medico.

Quali sono gli acquisti detraibili Sono compresi nell’agevolazione gli strumenti compensativi, ovvero gli strumenti didattici e tecnologici che sostituiscono o aiutano l’alunno con Dsa nella sua attività di apprendimento, come per esempio:

la calcolatrice, che aiuta nelle operazioni di calcolo

la sintesi vocale, che trasforma un compito di lettura in un compito di ascolto;

il registratore, che consente all’alunno o allo studente di non scrivere gli appunti della lezione;

i programmi di video scrittura con correttore ortografico, che permettono la produzione di testi sufficientemente corretti senza l’affaticamento della rilettura e della contestuale correzione degli errori.

Sono inoltre detraibili gli acquisti di sussidi tecnici e informatici come i computer necessari per la video scrittura, anche appositamente fabbricati, che facilitano la comunicazione interpersonale, l’elaborazione scritta o grafica, l’accesso alla informazione e alla cultura.

Il tablet ritarda lo sviluppo del linguaggio nei bambini?

Sembrerebbe proprio che smartphone e tablet ritardino il momento in cui il bambino comincerà a parlare. Questo è quanto emerso in una ricerca canadese, condotta all’Hospital for Sick Children di Toronto e presentata al Pediatric Academic Societies Meeting 2017.

Sono tantissimi ormai i bambini, anche molto piccoli, che trascorrono troppo tempo con tablet e dispositivi elettronici in mano.

Già dai sei mesi, infatti, sono in grado di cliccare su ogni dispositivo touch screen, quasi ipnotizzati dagli schermi, e spesso sono soli, senza mamma e papà a controllare.

Tutto questo, però, sembra poter influenzare negativamente lo sviluppo del linguaggio.

L’età più a rischio sembra essere quella compresa tra i 6 mesi e i 2 anni.

Più aumenta il tempo trascorso a giocare con smartphone, tablet e giochi elettronici, più aumenta il rischio di ritardi nello sviluppo del linguaggio.

Normalmente i bimbi tra i due e i tre anni d’età dovrebbero essere in grado di articolare una determinata quantità di parole, ma coloro che sono stati più precocemente e frequentemente esposti ai diversi dispositivi tecnologici sembrano incontrare qualche difficoltà in più.

Con questo, non necessariamente bisogna nascondere tablet e cellulari ma se il bambino ha una difficoltà e segue un percorso terapeutico, questo tipo di decisione deve essere presa in accordo con lo specialista, valutando tutti gli aspetti; in alcuni casi, alcune App per tablet, possono essere una risorsa per supportare il percorso riabilitativo.

Esistono però delle linee guida che sarebbe bene seguire: l’American Academy of Pediatrics sconsiglia l’uso di strumenti come tablet e smartphone prima dei 18 mesi, e successivamente ne raccomanda un utilizzo estremamente limitato nel tempo, supervisionato e per attività realmente adatte.

In generale è importante tenere ben presente che un bambino abile nell’uso della tecnologia, non necessariamente è un bambino ricco di competenze e potrebbe essere utile mettere da parte questi strumenti, e privilegiare esperienze di gioco ed attività molto differenti.

Ciuccio sì o ciuccio no?

Non è l’uso del ciuccio in sé a rappresentare un rischio, ma l’uso eccessivamente frequente e/o prolungato nel tempo.

Se viene usato con buon senso si possono sfruttare gli effetti positivi del ciuccio ed evitare quelli negativi.

Il bambino vuole il ciuccio perché calma, crea piacere, supplisce la presenza della mamma quando non c’è e soprattutto ricorda il magico, nutriente e delizioso momento dell’allattamento.

Inoltre, permette il corretto sviluppo delle ossa del viso, la giusta stimolazione dei muscoli facciali e la protezione dalla sindrome della morte in culla.

A volte i genitori tendono a rimandare il momento in cui viene eliminata l’abitudine orale perché magari sono impauriti, disorientati o non del tutto consapevoli delle conseguenze che i vizi orali hanno sul proprio figlio.

È importante sapere che a due o tre anni il palato di un bambino è come la plastilina; modellabile e modificabile; a cinque, sette, dieci anni si ha a che fare con un osso sempre più saldo e con dei muscoli che per anni hanno imparato a lavorare in modo non corretto.

Più si ritarda l’abbandono del ciuccio o degli altri vizi orali, maggiore sarà l’investimento di tempo, energia ed anche soldi per recuperare la situazione generata.

Se si agisce in tempo, si permette al proprio bambino di sviluppare in un modo più fisiologico ed armonioso possibile le abilità di deglutizione e di linguaggio.

L’eccessivo utilizzo del ciuccio può rallentare anche la maturazione delle abilità masticatorie e i movimenti della bocca necessari alla buona articolazione dei suoni.

L’età ideale per eliminare il ciuccio è entro i ventiquattro mesi. Più si continua con questo vizio, più aumenta il rischio e l’importanza degli eventuali danni.

La cosa migliore da fare sarebbe quella di proporre al bambino un unico modello di ciuccio, di taglia piccola, indipendentemente dall’età e di non cambiarlo con il passare del tempo.

Se si lascia lo stesso ciuccio, man mano che il bambino cresce, la tettarella in porzione diventerà sempre più piccola, e riducendo il piacere orale, il bambino potrebbe più facilmente decidere di distaccarsene prima da solo.

Al momento non ci sono evidenze scientifiche che consigliano l’aumento della taglia del ciuccio all’aumentare della sua età.

Che cos'è il Disturbo Primario del Linguaggio (DPL)?

I DPL o DL (Disturbi Primari del Linguaggio) riguardano la capacità di usare in maniera propria il linguaggio e di comprenderlo: queste due difficoltà possono essere presenti in contemporanea oppure non esserlo.

I disturbi del linguaggio riguardano le aree del linguaggio espressivo e recettivo e possono manifestarsi già in età prescolare, se il percorso evolutivo del bambino mostra un apprendimento del linguaggio atipico o in ritardo rispetto alle attese.

La capacità di osservare e individuare i segnali di un possibile DPL permette agli specialisti di distinguere la presenza del disturbo o di escluderla.

Ad esempio bambini che iniziano a parlare tardi rispetto ai loro pari età, oppure bambini che all’inizio della scuola dell’obbligo ancora non sanno dire alcune lettere, hanno un vocabolario lessicale ridotto e per evitare che il bambino venga descritto come svogliato o poco collaborativo e che il disturbo non venga riconosciuto è necessaria una valutazione di un esperto.

Che cos'è la Disturbi Specifici dell'Apprendimento?

I DSA sono i Disturbi Specifici dell’Apprendimento che coinvolgono l’abilità di lettura, di scrittura e di calcolo. Li conosciamo con questi nomi:

  • Dislessia, che indica la difficoltà di lettura

  • Disgrafia e disortografia indicano le difficoltà di scrittura

  • Discalculia, che indica la difficoltà di calcolo

RICORDA: Una persona con DSA ha intelligenza e capacità cognitive adeguate alla sua età! Può però apprendere con difficoltà e a ritmo più lento rispetto ai suoi coetanei perché fatica e disperde energie a causa delle sue caratteristiche individuali di apprendimento che la didattica in quel momento non asseconda!!!

Ecco alcune caratteristiche che ci permettono di capire meglio il DSA:

  • SPECIFICO: riguardano esclusivamente alcuni processi di apprendimento, cioè automatismi che non si sviluppano durante il percorso scolastico come la lettura precisa e fluente, la capacità di scrivere senza errori, con grafia regolare e decifrabile e usando lo spazio in modo adeguato, di elaborare i numeri e calcolare

  • EVOLUTIVO: il disturbo dell’apprendimento si manifesta in età evolutiva, quando emerge la difficoltà del bambino a sviluppare una capacità che per gli altri invece diventa progressivamente un automatismo, ed è modificabile con interventi specifici. Il bambino con DSA non perde una capacità già acquisita anche solo in parte: i DSA non sono conseguenze di traumi, blocchi educativi, psicologici, relazionali e non nascono dalla poca applicazione allo studio

  • NEUROBIOLOGICO: quando parliamo di DSA, parliamo di sviluppo atipico o neurodiversità, di caratteristiche individuali e non di patologia.

La legge 170/2010 riconosce e descrive questi quattro disturbi dell’apprendimento, sottolinea la necessità di diagnosi rapide e affidabili e percorsi di abilitazione efficaci, descrive le norme e i criteri precisi per identificare precocemente i DSA e dare supporto nella scuola e all'università alle persone con DSA.

Che cos'è la Disgrafia?

La disgrafia è una condizione caratterizzata da marcata difficoltà nell’esecuzione della scrittura in presenza di quoziente intellettivo nella norma e assenza di deficit sensoriali in grado di spiegare il problema.

Il bambino disgrafico può manifestare le sue difficoltà in molti modi fra cui una scorretta impugnatura della penna, vistose imprecisioni della copia di figure geometriche, scarsa organizzazione nella gestione dello spazio del foglio su cui scrivere, tendenza a “salire” o “scendere” rispetto al rigo, tratto troppo marcato o troppo leggero, grandezza delle lettere non rispettata.

Questi sono solo alcuni degli aspetti che possono contribuire a rendere la scrittura scarsamente leggibile.

Che cos'è la Disortografia?

La disortografia è il disturbo specifico che coinvolge la correttezza della scrittura, cioè l’ortografia come capacità di scrivere rappresentando correttamente i suoni e le parole della propria lingua.

Se la disortografia non viene riconosciuta, lo studente rischia di non riuscire a seguire il ritmo dei suoi compagni, di sentirsi demotivato e “meno bravo” con tutte le conseguenze in termini di autostima e successo scolastico.

Che cos'è la Discalculia?

La discalculia è il disturbo specifico dell’apprendimento che corrisponde alla difficoltà di apprendere la matematica: più nel dettaglio, la discalculia coinvolge l’intelligenza numerica basale e l’abilità di calcolo.

Come per tutti i DSA, la discalculia non è una patologia, non è causata da un ritardo cognitivo ma va riconosciuta e interpretata alla luce della consapevolezza che ogni bambino è unico e migliora se la sua difficoltà individuale viene riconosciuta per poter adottare l’intervento più adatto.

Che cos'è la Dislessia?

La dislessia fa parte dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) insieme alla disgrafia, alla disortografia e alla discalculia.

Il bambino dislessico ha intelligenza e capacità cognitive nella norma e la dislessia riguarda solo il processo di apprendimento legato alla lettura. Spiegare il significato di dislessia - infatti - significa anche chiarire che, come per tutti i Disturbi Specifici dell’Apprendimento, questo disturbo dell’apprendimento non deriva da un deficit cognitivo o da altre cause come traumi o blocchi emotivi, ma è una condizione neurobiologica.

Il significato di dislessia si coglie dalle linee guida nate dalla Legge 170/10 che tutela gli studenti con DSA: la dislessia è descritta così come si manifesta e corrisponde a “una minore correttezza e rapidità della lettura a voce alta rispetto a quanto atteso per età anagrafica, classe frequentata, istruzione ricevuta”.